
LA BUFALA: CINA ACQUISTA POSTE ITALIANE
Febbraio 6, 2016POSTE ITALIANE venduta alla Cina – Gazzetta della Sera è un sito di bufale pertanto tutti gli articoli che partono da li sono inventati, anche se stavolta si tratta piuttosto di un titolo esagerato, che non rispecchia il contenuto dell’articolo. Basta leggere le prime righe già nell’anteprima “diventerà gialla non solo nell’insegna”, per capire che nessun giornalista accreditato avrebbe mai utilizzato questa battuta infelice per annunciare un cambiamento nella proprietà di un azienda come Poste Italiane.
Di fatto oltre il titolo eclatante che annuncia una vendita totale di Poste Italiane e un sottotitolo “discutibile” il resto è un articolo copiato da questa pagina del Sole 24 Ore dove si legge chiaramente della una volontà da parte di un fondo di investimenti cinesi di ” rilevare una quota, tra il 2 e il 5%, della società dei recapiti”. Sappiamo tutti che la “proprietà” di una azienda si acquisisce rilevandone la maggioranza azionaria ovvero il 51% e non certo con una quota cosi bassa.
Di fatto invece la maggioranza delle azioni di Poste Italiane è italiana ed in particolar modo il 64,7% delle azioni sono di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze Italiane. Si tratta quindi dell’ennesimo caso di disinformazione che sfrutta la cattiva abitudine degli internauti di fermarsi alla lettura del titolo di qualsiasi link senza leggerne il contenuto, ma limitandosi a condividerlo sui propri profili facebook manifestando indignazione per l’ennesima notizia falsa.
ECCO IL TESTO INTEGRALE DELLA BUFALA:
ITALIA SVENDUTA. CINA ACQUISTA POSTE ITALIANE: SI CHIUDERÀ’ ENTRO OTTOBRE
Un altro pezzo importante dell’Italia è stato ceduto, anzi no: SVENDUTO alla Cina.
Poste Italiane ormai non è più di nostra proprietà e di Italiana ha ben poco ormai… Potremmo quasi chiamarle Poste Cinesi ma forse sarebbe troppo duro da sostenere il raffronto…
Entro Ottobre tutto questo sarà ufficiale e Poste saranno nelle mani di Pechino.
Non bastavano i tanti negozi Made in Cina presenti in vari angoli delle nostre città e forse non bastavano neppure le importazioni di pomodoro cinese…Ora gli abbiamo regalato anche le Poste… Alla fine di tutta questa crisi, resterà qualcosa di italiano? O magari si venderanno anche noi cittadini al primo offerente? Vuoi che questi non ci barattino con l’ISIS in cambio della loro immunità?! Mah… sta di fatto che ci stiamo sbriciolando pezzo pezzo pezzo, ci stiamo privando della nostra identità.
Lunedì, infatti, verranno pubblicate dagli analisti delle banche del consorzio di collocamento le ricerche che consentiranno di fissare le prime valutazioni della società, facendo scattare la cosiddetta fase di pre-marketing che durerà per tutta la settimana.La cosa che più sconcerta è che la privatizzazione delle PI alla Cina è stata considerata come un’ ancora di salvezza. In questo modo le Poste Italiana saranno in grado di mantenere gli impegni presi ed assicureranno una crescita cospicua. Ma siamo certi?
L’ unica cosa certa è che, oggi come oggi, anche le Poste Italiane ci hanno abbandonato come se fosse merce di scambio e sono state cedute al prezzo di qualche accordo ai Cinesi…
Resterà qualcosa di Italiano in Italia?
Pechino si prepara a entrare nel capitale di Poste Italiane in occasione dell’Ipo che dovrebbe prendere il via il prossimo 12 ottobre. Un fondo sovrano cinese, forse China Investment Corporation o People’s Bank of China (presente quest’ultima nel capitale di molte società italiane, come Eni ed Enel), è pronto a rilevare una quota, tra il 2 e il 5%, della società dei recapiti. L’interesse è stato espresso in occasione degli incontri che il management della società e le banche del consorzio di collocamento (Banca Imi, BofA Merrill Lynch, Citigroup, Mediobanca, UniCredit i global coordinator; UniCredit e Imi i responsabili del collocamento, Mediobanca lo sponsor. Rothschild è advisor finanziario di Rothschild è advisor finanziario di Poste Italiane, Lazard è advisor finanziario del Mef) hanno avuto negli ultimi mesi con gli investitori, in particolare quello che si è tenuto a New York lo scorso 14 settembre. La motivazione del fondo cinese sarebbe più elevata rispetto all’apprezzamento manifestato da fondi sovrani di altri Paesi (arabi o nordeuropei) anche in considerazione della crisi che sta attraversando ora la Cina. L’esplosione della bolla speculativa sul mercato mobiliare locale sta spingendo i capitali cinesi fuori dai confini nazionali alla ricerca di rendimenti interessanti e di lungo periodo. Questa logica guida anche i fondi sovrani del paese.