
LA BUFALA DELLA CAMUSSO IN PENSIONE CON 30.000€ E 1.800.000€ DI TFR
Febbraio 20, 2019Circola sui social una bufala che riguarda Susanna Camusso riguardo il pensionamento (non avvenuto) della sindacalista con una pensione da 30.000 euro al mese ed un TFR da ben 1 milione e 800 mila euro.
In primis Susanna Camusso non è ancora andata in pensione, ma ha solamente concluso il suo mandato come Segretaria Generale della CGIL. Questo non vuol dire che la donna abbia smesso di lavorare come sindacalista. Inoltre il testo della bufala dice che sarebbe andata in pensione dopo 50 anni.
Susanna Camusso è nata il 14 agosto del 1955 per cui ha attualmente 63 anni. Se avesse accumulato realmente 50 anni di contributi questo vorrebbe dire che la sua attività lavorativa è iniziata nel 1969 quando lei aveva solo 13 anni.
Come sempre in questo caso si diffonde a macchia d’olio una notizia totalmente priva di fondamento ed anche facilmente riconoscibile come bufala ad un lettore attento.
Ovviamente però anche in questo caso di lettori attenti sul web ce ne sono veramente pochi, mentre sono purtroppo tantissimi gli analfabeti funzionali dalla condivisione facile.
Il termine analfabetismo funzionale indica l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana ed in particolar modo sul web.
L’analfabetismo funzionale si concretizza quindi nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni a disposizione reperite attraverso social e rete.
Questa sorta di “patologia digitale” affligge una enorme quantità di fruitori della rete, in particolar modo giovani.
Secondo Sam Wineburg, autore principale di uno studio su questo fenomeno, la maggior parte dei degli adolescenti non è in grado di distinguere una notizia vera da una falsa pubblicata sui social network. Sembra che ragazzi sia diffusa la tendenza a prendere per vera qualsiasi cosa sia legata ad un link a prescindere dalla fonte.
Dallo studio è emerso addirittura che gran parte dei giovani non riesce a distinguere le inserzioni pubblicitarie dalle news giornalistiche. L’indagine è stata effettuata su un campione di quasi ottomila studenti delle superiori e dei primi anni di università.