
Bufala Confermato l’uso di gatti incendiari in Campania e Sicilia. Atto brutale e da condannare
Agosto 2, 2017Continua a circolare in rete la bufala sui gatti incendiari per appiccare gli incendi sul Vesuvio e non solo. Il sito Sky 24 Ore pubblica questo articolo che conferma questa teoria, ma si tratta di un falso:
Vesuvio, mercoledì 12 Luglio. I vigili del fuoco stanno controllando la zona incendiata, quando ad un certo punto si sono immediatamente girati dall’altro lato, orrificati da quella vista agghiacciante: infatti hanno trovato delle carcasse di gatti carbonizzati. Ma non erano gatti morti normalmente durante l’incendio: si trattava di gatti che erano stati cosparsi di benzina e poi sono stati dati alle fiamme ancora vivi: le povere bestie hanno cominciato a correre in qualsiasi direzione in preda ai terribili dolori per circa 30 secondi, prima di morire. Alcuni di questi gatti, per poter raggiungere posti ancora più lontani, sono stati presi per la coda e fatti roteare per poi essere lanciati il più lontano possibile. In questa maniera le fiamme si sono diffuse rapidamente, anche in luoghi in cui l’uomo avrebbe avuto difficoltà ad accedere.
La tecnica di dare fuoco agli animali è conosciuta fin dall’antichità. I romani davano fuoco ai maiali che così scappavano, e tra il loro diventare una palla di fuoco impazzita e l’emettere versi di dolore mostruosi riuscivano a terrorizzare persino gli elefanti dei cartaginesi e di altri nemici (nacque da qui il luogo comune secondo cui gli elefanti hanno paura dei topi. In realtà per “topi” ci si riferiva ai maiali incendiari).
Più volte in tempi recenti sono stati utilizzati i gatti per diffondere le fiamme. E oggi il sud Italia è in ginocchio a causa degli incendi. Sicilia, Campania e Puglia sono state le regioni più colpita dalle fiamme nell’estate 2017.
In Campania la zona più colpita è stata quella del Parco Nazionale del Vesuvio. Anche in Sicilia, a quanto pare, sono stati utilizzati i gatti incendiari per dar fuoco a centinaia di ettari di macchia mediterranea. A confermare questa tesi è stato anche Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi ed eroe della lotta alla mafia dei pascoli (proprio qualche mese fa riuscì a rimanere illeso dopo un attentato brutale. Alcuni malviventi circondarono la sua macchina e spararono decine di colpi che, fortunatamente, furono fermati dalla carrozzeria antiproiettile dell’auto).
L’utilizzo di questo ignobile metodo ci fa capire tutta la crudeltà di queste “persone”, se così si possono definire. L’essere umano dimostra ogni giorno sempre più di essere la vera bestia del mondo. È normale che la gente auguri pene infernali per chi appicca gli incendi, arrivando ad auspicare linciaggi e pena di morte. Sì, e ci mettiamo nei loro panni, perché coloro che appiccano incendi, secondo noi, non possono essere definiti esseri umani. Chi diffonde il fuoco mette a serio repantaglio la vita degli altri, i loro sacrifici, la campagna coltivata nel corso della propria vita e così via. Chi appicca il fuoco, semplicemente, non è degno di vivere. Ancor più se nel farlo si utilizzano in maniera crudele degli animali completamente innocenti. Noi non sopportiamo e gridiamo il nostro dolore ad alta voce.
Numerose testate accreditate hanno verificato l’autenticità di questa notizia che però si è rivelata falsa, come dimostra Il Corriere in questo articolo che ha contattato direttamente chi si occupa delle indagini:
Il Corriere ha verificato la notizia. Contattando la Forestale. Che ha smentito. Si tratta dunque di una news priva di fondamento. I roghi in Campania sono tutti di origine dolosa, come abbiamo scritto. Ma secondo le nostre fonti gli animali non c’entrano.
Lo stesso ha confermato la giornalista di Repubblica Stella Cervasio, che da sul profilo facebook commenta cosi la bufala dei gatti incendiari come innesco per i roghi:
Ero la sola giornalista ieri con qualche fotoreporter sul Vesuvio e con Annamaria Chiariello di Canale 5. Ed ero lì anche come garante diritti animali del Comune di Napoli per monitorare la situazione fauna. Non c’era nessun animale “usato come esca per il fuoco”. Se ce ne fossero stati avrei avuto notizia dall’Istituto Zooprofilattico per le autopsie, tra l’altro importanti, semmai, per l’inchiesta giudiziaria. Usare leggende metropolitane come la ricorrente storia del legno delle bare usato a Napoli per cuocere le pizze è sintomo di inutile arrampicamento sugli specchi di certi media. Non si fa. E non ve n’è bisogno: che cosa c’è di peggio di ciò che sta accadendo, per incuria, sul Vesuvio?
Qui il post originale della giornalista:
Non esistono quindi ne testimonianze ne prove che siano stati usati gatti incendiari come innesco per gli incendi degli ultimi giorni, si tratta quindi solo di una bufala creata per attirare i lettori.